Viterbo 18-19 aprile 2005
Relazione:
"La riforma della scuola nell'ambito della riforma della Pubblica amministrazione"
Vorrei fare con Voi una valutazione ragionata su un processo di cambiamento che oltre a coinvolgere le Amministrazioni pubbliche a mio avviso coinvolge non solo tutto il personale della Scuola ma la collettività nel suo insieme.
Per poter affrontare in modo non superficiale il tema della Riforma della Scuola in senso autonomistico è necessario collocarlo all’interno di cambiamenti che caratterizzano l’attuale realtà socio-culturale non solo italiana, ma anche europea; questo perché stiamo vivendo una trasformazione epocale che secondo molti studiosi ci sta facendo uscire dalla modernità e conducendo in un’epoca che non ha ancora un nome, se non quelli provvisori di seconda modernità, epoca post-moderna, modernità in polvere e che sarà distante dalla modernità quanto lo è stata questa dalle epoche che l’hanno preceduta.
Personalmente ritengo che non si sarebbe mai potuto procedere a nessuna vera e propria riforma della scuola senza una radicale revisione del modello amministrativo ereditato dalla tradizione e soprattutto senza un suo “dimagrimento” e senza il rovesciamento delle sue funzioni. Per lo Stato niente più compiti di gestione, ma compiti di coordinamento, valutazione, direzione e controllo, compiti forse più intensi dei precedenti ma non più connotati dalla gestione
Da Giolitti in poi la struttura amministrativo-burocratica della P.I. si è affermata parallelamente al progressivo ampliamento dello Stato nella Formazione e nell’erogazione dei servizi di Istruzione e la crescita è stata inarrestabile
L’introduzione della Repubblica e la votazione della Costituente non segnarono significative discontinuità: statalismo, centralismo ed assolutismo amministrativo, continuarono ad essere i tratti distintivi nella gestione e nell’organizzazione del servizio scolastico
Anno 1990 – Legge 07 agosto 90 n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi”
E’ la legge della trasparenza, della codificazione del procedimento amministrativo (siamo stati gli ultimi in Europa) dei fascicoli targati e della partecipazione del cittadino ma, soprattutto, della necessità di motivazione degli atti amministrativi. Qualcuno ha detto: “una legge non più ex parte principis, ma ex parte populi”
A proposito di motivazione Norberto Bobbio dice: “ la legittimazione del potere non deve mai darsi per scontata, ma va riconquistata sempre”
ANNO 1993
D.leg.vo 3-2-93 n.29: “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”.
Siamo alla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego nonostante il parere contrario del Consiglio di Stato. Inizia il periodo delle grandi privatizzazioni ma secondo alcuni la preoccupazione della dottrina tedesca della Flucht in PRIVATE RECHT non ha ragione di essere se si effettua un accurato dosaggio tra pubblico e privato che non comporti per la P.A. un allentamento dei vincoli di scopo o delle regole di Funzione.
Per cui dalle immissioni in ruolo siamo passati ai contratti a tempo indeterminato o determinato e conseguentemente, nella eventuale patologia del rapporto, alla competenza del giudice del lavoro e non più dei Tribunali Amministrativi Regionali
Nel dibattito che ha accompagnato l’autonomia scolastica questo tema come sapete ha avuto i suoi effetti perché nell’ambito della privatizzazione dei servizi statali si è ammessa la possibilità di privatizzare il servizio scolastico. Dice a proposito Luisa Ribolzi:
“Oggi si può forse superare questa frattura perché alla tradizionale opposizione pubblico-privato se ne è sostituita una nuova, quella tra produttivo ed improduttivo, per cui diviene accettabile ciò che comporta un uso ottimale delle risorse”
“ Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche a norma dell’art. 2, comma 1 lettera M della legge 23 ottobre 1992 n. 421”
Con questo decreto normativo la P.A. italiana entra ufficialmente nel mondo del bit, file, modem, laptop, fax, posta elettronica, servizi dati on line e di tutta una cornucopia di nuovo hardware.
Nasce così una nuova razza di funzionari e specialisti cablati che l’uso delle attrezzature elettroniche dovrebbe rendere enormemente più produttivi e far risparmiare loro tempo in ufficio, per strada ed a casa.
E’ vero, che: la transizione verso una società informatica è un altro grande passo di una grande mutazione che segna il nostro Paese ed è un elemento portante della Riforma dell’Amministrazione e non poteva non entrare nella Scuola sia nell’organizzazione sia tra gli apprendimenti dei ragazzi
Edward Friedkin un informatico di fama mondiale sostiene che: ”………le nuove tecnologie rappresentano il terzo grande evento nella creazione dell’Universo”
……. “Il primo evento è la creazione dell’Universo, il secondo è la comparsa della vita e il terzo è la comparsa dell’intelligenza artificiale”
A nessuno di voi sfugge che oggi ci stiamo muovendo verso il “villaggio globale” profetizzato da Marshall Mc Luan ed in questo processo abbiamo reso indefiniti tutti quei confini che precedentemente erano i nostri confini.
Ritornando coi piedi per terra l’anno 1993 è anche l’anno in cui viene varato il Dec. Leg.vo 12 febbraio 1993 n. 273, che prevede la “Carta dei servizi” in tutte le AA.PP. e pone l’amministrazione al servizio del cittadino, un po’ secondo lo stile anglosassone del public servent
Legge 20 del ‘94 – Legge 14 gennaio 1994 n. 20 “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”
Il tratto saliente che mi preme sottolineare di questa materia è rappresentato dal passaggio dal controllo sul processo al controllo sul prodotto, con enfasi sui controlli di gestione e controlli sulla gestione.
La Corte Costituzionale (con sentenza 29 del 1995) ha affermato una nuova concezione di controllo: il controllo viene inteso per la prima volta in Italia come fatto collaborativo, come mezzo con cui il controllante stimola nei controllati processi di auto-correzione
Finalmente il legislatore italiano è riuscito a delineare un sistema nuovo di controlli, un modello di riscontro evoluto, in sintonia con le grandi culture amministrative dell’occidente.
Inizia il pacchetto Bassanini Legge15 marzo 1997 n. 59 “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli enti locali per la Riforma nella P.A. e per la semplificazione amministrativa”
Questa legge, come ben sapete, contiene l’art. 21 che sancisce l’autonomia didattica che ha come conseguenza la modifica al decreto legislativo 3 febbraio 93 n. 29 viene variato con l’art. 25 bis che riguarda i dirigenti delle istituzioni scolastiche
Ora siamo di fronte alla modifica del ruolo dello Stato che con le proprie leggi, la propria Amministrazione ed i propri uffici tecnici, si pone al servizio dei soggetti e per la P.I. contribuisce a sostenere l’autonomia nei compiti di sviluppo educativo
Dominano tre strategie in questa riforma:
La prima è quella della sussidiarietà: non fare e chiedere di fare, ad un livello di autorità e di organizzazione istituzionale o sociale superiori, ciò che si può (e si dovrebbe fare) ad un livello di autorità e di organizzazione istituzionale o sociale inferiori.
Il principio di sussidiarietà fu teorizzato al Parlamento di Francoforte e al Reichstag dal vescovo W. Freiherr Von Ketteler. La Quadragesimo anno di Pio XI (1931) lo formula in questo modo: “…è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria, per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quanto dalle minori e inferiori comunità si può fare”.
Il principio in questione ha avuto un significativo rilancio con l’art. 3b del Trattato di Maastrich, firmato dai 12 Paesi dell’UE, nel 1992. Esso è stato così riformulato: “ Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, la Comunità interviene, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario
La seconda strategia è quella della solidarietà . Si tratta di dare più risorse a chi, nell’opera educativa, per le più svariate ragioni, ne ha maggior bisogno, e più assistenza a chi la richiede; il tutto non tanto o non solo perché ciò è politicamente e civilmente giusto, ma perché è moralmente bene (cioè, appunto, è un valore senza il quale ogni persona e la società nel suo complesso è più povera e carente).
La terza strategia e quella dell’Uguaglianza, l’art. 3 della nostra Costituzione tende a garantire ai soggetti l’educazione, l’uguaglianza delle opportunità di sviluppo e l’eliminazione degli “ostacoli di ordine economico e sociale”, oppure riguardanti il sesso, la razza, la lingua, la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali, che “impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
A dire il vero, il diritto pubblico romano e il giurisdizionalismo moderno avevano sempre avuto una tradizione ius pubblicistica nella quale lo Stato era lo spazio pubblico per eccellenza (lo Stato come “buona casa domestica” che doveva prendersi cura delle esigenze comuni dei corpi sociali, delle famiglie, dei singoli, o come “piazza dei cittadini”)
Ma nel settecento con Bossuet lo Stato comincia ad autonomizzarsi dalla società, a pretendere di fondarla, non tanto di esserne espressione.
Decreto legislativo 112/98 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59 (G.U. 21.04.1998, n. 92, S.O)
DPR Presidente della Repubblica n. 275/99
L’anno 1999 è l’anno del decreto 275 recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche , che potrei anch’esso fare a meno di citare, perché lo conoscete benissimo e vi ci confrontate tutti , ma lo cito per due motivi:
¨ il primo perché prevede la possibilità di variazioni (art. 11) anche degli ordinamenti scolastici e ciò costituisce una valvola di apertura verso il futuro che permetterà al sistema di evolversi e modificarsi in futuro impedendogli di cristallizzarsi come successo nel periodo successivo alla riforma Gentile (10 giugno 1924)
¨ il secondo motivo lo richiamerò quando accennando alla quota regionale prevista dalla bozza “devolution” si potrebbe ipotizzare una riconsiderazione del 275/99
L’anno ‘99 è altresì l’anno della legge 20 gennaio 1999 n. 9 (abrogata) sull’obbligo scolastico e anche l’anno in cui viene introdotto l’art. 68 .della legge 1999 n. 144 (obbligo formativo)
All’art. 68 afferma la concezione del diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni fino al conseguimento di una qualificazione entro il 18° anno di età
Delinea un nuovo paradigma di amministrazione da contrapporre a quello gerarchico burocratico in atto, un modello che mette la struttura della scuola italiana in grado di conseguire i propri obiettivi. Lo Stato hegeliano piramidale non esiste più, ma viene sostituito da un assetto a più colonne, da una poliarchia con poteri distribuiti e articolati. Viene delineata la Direzione scolastica regionale basata per molti aspetti sulla rete e non sulla gerarchia, sulla connessione nello spazio e non sull’isolamento, sullo scambio delle informazioni e sull’apprendimento reciproco
Il tutto sostenuto ed incoraggiato dall’uso sempre più pervasivo delle tecnologie informatiche, sia come supporto alle decisioni che per sviluppare una serie di network, cioè una preziosa rete di rapporti tra tutti i soggetti portatori di interessi scolastici
Due parole sul potere organizzatorio conferito dalla normativa al Direttore Generale Regionale. Allora occorre chiarire l’ambito di tale potere (diritto comune o diritto pubblico) anche per le conseguenze pratiche che ne derivano. La linea di confine tra l’Alta amministrazione che compete al Governo e la micro-organizzazione o Bassa amministrazione che compete alla Dirigenza è stata delineata dai decreti legislativi 336/97, 80/98 e n. 337/98
La macro-organizzazione trova il suo fondamento e vede i soggetti implicati su piani diversi:
- l’amministrazione gode di supremazia speciale e si avvale di un regime pubblicistico in cui risiede il potere di direttiva del governo
- la micro-organizzazione trova il suo fondamento e vede i soggetti sullo stesso piano e si avvale della forma contrattuale in regime di diritto comune o meglio privatistico.
Nell’ambito di quest’ultima forma il D.G.R. agisce, anche, con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro e il potere organizzatorio non è espressione di supremazia speciale, ma si colloca su un piano di parità, con tutte le conseguenze che ne derivano in tema ad esempio di risoluzione del contratto e risarcimento del danno.
Si nota che la forma organizzativa contrattuale è più immediata e funzionale ma è anche più rischiosa ed impegnativa in quanto, ogni contraente, dovrà tenere ben presente la propria situazione e le proprie capacità per mantenere gli impegni assunti
I CSA, che hanno sostituito i Provveditorati (secondo alcuni solo nominalmente) e sono articolazioni della D.R., hanno oggi compiti di supporto all’autonomia scolastica e sono anch’essi facilitatori o abilitatori di processo
Ma altre volte tutto sembra frammentario e caotico, niente appare avere un senso nell’organizzazione e ci si chiede se il centro riuscirà a mantenere le sue posizioni
Ma le organizzazioni, come ogni altro sistema, contengono strati e momenti sia del caos sia dell’ordine.
E noi “gente di scuola” ci troviamo forse in questa situazione cioè di caos apparente, dopo la Riforma del titolo V della Costituzione e delle conseguenze che sono da essa derivate sul sistema Istruzione
La legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 di modifica del titolo V parte seconda della Costituzione, viene approvata dal Parlamento in via definitiva l’8 marzo 2001 e promulgata dopo il referendum confermativo del 7 ottobre 2001, indetto ai sensi dell’art. 138 della Costituzione
La legge introduce profondi cambiamenti e presenta contenuti innovativi:
§ sulla FORMA DELLO STATO
§ sull’ ASSETTO DEL GOVERNO TERRITORIALE
§ sui RAPPORTI STATO-REGIONI ED ENTI LOCALI
§ sulla CONFIGURAZIONE DELLE AUTONOMIE REGIONALI E LOCALI
L’esame dell’esatta portata dei nuovi assetti istituzionali e degli impatti derivanti dall’attuazione del nuovo Titolo V è senza dubbio DIFFICILE.
La Riforma ha posto questioni interpretative complesse e di non facile soluzione, ma per noi “gente di scuola” alcune questioni hanno una rilevante ricaduta sia sul governo che sull’organizzazione generale del sistema educativo di istruzione e formazione, sia sulle proposte di riforma degli ordinamenti scolastici attualmente all’esame del Parlamento.
Il disegno riformatore si sviluppa secondo 3 direttrici fondamentali:
Pari dignità costituzionali
L’art. 114 sancisce la pari dignità costituzionale di tutti gli enti politici territoriali costitutivi della Repubblica
“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione”
Ciò risponde anche all’esigenza di assicurare l’effettività dell’art. 5 della Costituzione che richiama il valore fondamentale della forma repubblicana laddove afferma:
“La repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento
Diversa articolazione delle funzioni
Il nuovo art. 117 delinea una diversa articolazione delle funzioni ed è chiaro che una volta fissata l’equiparazione ne consegue la necessità di individuare le diverse competenze legislative tra centro e periferia . Ed in primis:
Distinzione tra legislazione esclusiva e legislazione concorrente
Un nucleo di materie elencate nel 2° comma dell’art. 117 sono riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato; solo lo Stato ci può mettere mano, sottolineiamo e richiamiamo la lett. M e la lett. N del nuovo art. 117 perché sono quelle che riguardano la Scuola
La lettera M indica come legislazione riservata esclusivamente allo Stato la “DETERMINAZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI CONCERNENTI I DIRITTI CIVILI E SOCIALI” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e il diritto all’istruzione e alla formazione è senza dubbio un diritto civile e sociale
La lettera N recita: “…Lo Stato ha altresì competenza esclusiva sulle norme generali sull’istruzione”
La legislazione concorrente è impostata sulla formula secondo la quale nelle materie riferite a tale tipo di legislazione allo Stato è riservata la sola determinazione dei PRINCIPI FONDAMENTALI
Sono materie di legislazione concorrente ad es. e qui “concorrono” le Regioni
ü i rapporti internazionali e con l’Unione Europea delle Regioni
ü la tutela e la sicurezza sul lavoro
ma anche ……
ü l’istruzione, salva l’autonomia delle Istituzioni scolastiche e con l’esclusione dell’Istruzione e formazione professionale
L’art. 117 ribadisce che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa salvo (come abbiamo già detto prima) la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato
Mentre nella precedente formulazione dell’art. 117 c. 1 della Costituzione le Regioni avevano potestà legislativa relativamente ad un elenco definito di materie (es. caccia e pesca) nell’ambito dei principi generali fissati dallo Stato, oggi nell’ambito della materia ISTRUZIONE è riconosciuto l’intervento legislativo sia dello Stato che delle Regioni, ognuno per le sue competenze. Questa legge ha conferito rilievo costituzionale all’autonomia scolastica e, di conseguenza, la scuola ha assunto il ruolo di attore politico di primo piano in relazione alla priorità educativa sull’autonomia quindi lo Stato ha legislazione esclusiva
E’ riservata quindi allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente e …………..
qual’è il motivo?
per garantire il rispetto dei principi costituzionali di democraticità e di uguaglianza, di diritto al lavoro ma soprattutto di unitarietà e indivisibilità della Repubblica, pur nel nuovo assetto federalista.
Legge 5 giugno 2003 n. 131 “Disposizioni sull’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge 18/10 2001 n. 3”
Vi prego di notare che in questa fase NON esiste legislazione esclusiva in capo alle Regioni e perché ve lo sto sottolineando e facendo notare?
Perché nel disegno di legge sulla “devolution” l’art. 1 che dovrebbe modificare ulteriormente l’art. 117 della Costituzione stabilisce che “….le Regioni “ATTIVANO” la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie
ü assistenza e organizzazione sanitaria
ü organizzazione scolastica gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (si ribadisce che avendo rilievo costituzionale non rientra tra i compiti delle Regioni)
ü definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione
ü polizia locale
ANNO 2003
Legge 53
La legge 53 si muove nel senso voluto dalla legge cost. 18 ottobre n. 3 la cui epigrafe è abbastanza chiara in quanto recepisce in toto il nuovo dettato costituzionale, in materia di norme generali sull’istruzione.
Possiamo tranquillamente affermare che con questa legge e gli atti applicativi, passiamo alla parte più complessa e problematica dell’intero disegno riformatore.
Prima della riforma del titolo V esistevano percorsi statali che potremmo definire “privilegiati” e percorsi regionali professionali debitamente regolamentati con legge quadro n. 845/1978 che, pur comprendendo percorsi di tutto rispetto, erano pur sempre considerati di livello inferiore
Oggi la distinzione viene in qualche modo superata in quanto, come abbiamo visto, è competenza esclusiva dello Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di tutti i cittadini, non solo per l’istruzione del I° ciclo e dei sistemi del licei, ma anche per l’istruzione e la formazione professionale.
Pertanto è profondamente sbagliato guardare al destino degli attuali Istituti tecnici e professionali come se si trattasse di una deprecabile conseguenza diretta della legge 53/2003. E’ corretto invece porsi su un altro terreno e proporci di studiare quali possono essere le migliori soluzioni per rendere applicativo il disposto della nuova Costituzione
Ritornando alla “devolution” (il cui disegno di legge è di qualche settimana fa approvato a maggioranza dalle Camere e dal Senato) preme sottolineare che l’attribuzione di potestà legislativa esclusiva alle Regioni oltre ad essere una novità assoluta, sollecita una molteplicità di interrogativi. Preciso che il mio è un discorso tecnico e non vuol essere un giudizio di valore.
Potrebbero esserci dei rischi in ordine alla salvaguardia del Sistema nazionale istruzione-formazione che rischia la frammentazione e la polverizzazione. Forse potrebbero esserci 20 Scuole regionali diverse ovviamente correlate all’entità delle risorse di ciascuna Regione.
Ed ancora, anche se la legislazione regionale non potrà contraddire i principi generali fissati dallo Stato non sarà facile distinguere il confine tra norme generali e norme locali e quindi conflitti di competenza, frizioni tra Stato e Regioni .
Faccio riferimento subito alla sentenza n. 34 del 26 gennaio scorso che ha dichiarato infondate tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal governo
A questo punto la cosiddetta “quota regionale” non potrebbe comportare la rivisitazione del 275/99?
E francamente io credo che anche i decreti derivanti dalla legge 53 andrebbero rivisti sotto una nuova e diversa ottica perché la Riforma del titolo V eserciterà soprattutto sulla Scuola Superiore la propria influenza, più che altrove
Il processo di approvazione di una legge costituzionale, quale quella sulla devolution, prevede 4 fasi con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi da parte di entrambe le Camere.
Ed è inoltre previsto referendum popolare, possibile nel caso in cui la legge non sia approvata nella seconda votazione da ciascuna delle due Camere a maggioranza qualificata pari a 2/3 dei suoi componenti
Ora vorrei concludere alla Popper, dicendo che la nostra situazione in questo momento è proprio come quella di quell’uomo nero………………….
……..che in una notte scura e senza luna…………….
….senza accendino né cerini e neanche un pezzo di candela… (ma forse questo l’ho aggiunto io)………………
…….scende sottoterra in una cantina non illuminata e cerca un cappello nero……………
…………che forse non sta lì!
La dirigente del CSA
Roberta Bernini